Padre Agostino Salvi (11 novembre 1926 – † 29 settembre 2015)
DON ALBERTO (questo era il suo nome di battesimo) SALVI era nato a Salso l’ 11/11/1926.
Suo padre, Luigi, era di professione marmista ed a lui si devono le opere in marmo della chiesa di S. Antonio.
La mamma, salsese, morì quando Alberto era ancora in tenera età. Lui stesso racconta: “Ho perso la mamma a cinque anni: di lei ricordo solo la dolcezza. A sei anni i primi passi come chierichetto in chiesa col papà, che cercava di farmi anche da mamma. A nove anni sono entrato nel “Collegio Missionario Serafico” dei Frati Cappuccini a San Martino in Rio (RE). Il Padre Provinciale – Angelo Ghiddi – in visita al seminario, vedendomi così piccolo, disse al Direttore Padre Massimino: “Ma che cosa fate? Adesso mi prendete anche i bambini da latte?”. Il mio sogno era di fare il missionario in terre lontane, aiutando i poveri. Poi il progetto di Dio ha tracciato per me altre strade. Tutte le volte che salgo all’altare per celebrare i Santi Misteri, mi domando:” Ma perché il Signore ha scelto me? Altri miei amici erano più intelligenti, più buoni e devoti di me! E’ un mistero di Amore che mi supera”.
Fu assistente dei giovani della Parrocchia di S. Antonio dal momento della sua ordinazione sacerdotale fino alla metà degli anni 60.
L’ innata sensibilità di Padre Agostino, che lo rendeva delicatamente attento alla situazione di ogni ragazzo e fantasiosamente creativo, gli ha consentito di conquistare facilmente il cuore di tanti adolescenti. Padre Agostino era dotato di un buon carattere, sempre disponibile, incapace di “sgridare” i ragazzi, con il culto dell’amicizia e con una profonda spiritualità. Questo spiega perché molti ragazzi di allora hanno conservato nei suoi confronti, anche da giovani e da adulti, una grande ammirazione e una particolare predilezione. A molti di loro, impossibilitati a pagare la quota per il campeggio, Padre Agostino provvedeva di tasca propria. Nel viaggio di ritorno dalla montagna, se restava qualche “utile”, il gruppo si fermava presso una cocomeraia posta lungo la strada e si abbuffava di questo frutto dissetante.
I campeggi: – a Solda nel 1962;
– sul Gran Paradiso;
– sul Monte Rosa;
– nel 1970, di nuovo sul Gran Paradiso e dopo aver estratto dallo zaino i “ferri del mestiere” Padre Agostino recita la Santa Messa a 4.061 m.
Nei primi anni 50 i pueri cantores di Padre Agostino, allenati anche a cantare la Messa in gregoriano, furono invitati nel convento di Pontremoli, per la Prima Messa di Don Alvaro Mencacci. Il novello sacerdote era di un’intelligenza acuta, scriveva sulla rivista “Adesso” e presentava i libri di Don Primo Mazzolari. Questi era presente alla celebrazione e si complimentò per l’ottima esecuzione dei ragazzi di Sant’Antonio, giunti a Pontremoli in treno. Essi solo in seguito capirono l’importanza di quel sacerdote di Bozzolo, definito la “tromba di Dio”, una delle voci più significative della Chiesa italiana di quei tempi. Padre Agostino aveva una notevole sensibilità musicale e una non comune capacità di educare al canto. Suonando l’armonium a pedali, posto nel coro della chiesa, si adoperava per insegnare le varie “voci” ai ragazzi e alle ragazze. Talvolta, non ottenendo il risultato sperato, si indignava al punto di abbandonare i cantori: per la fretta di andarsene, gli capitava spesso di perdere un sandalo sul pedale dell’armonium… Dopo una breve pausa, rientrava per riprendere le prove di canto e infilarsi di nuovo il sandalo, col sorriso sulle labbra. Altre volte, quando in chiesa sentiva intonare il canto da qualche persona stonata, Padre Agostino si intristiva in volto quasi per far avvertire il suo disappunto. Apprezzava le ragioni del cuore, ma chiedeva anche di dare lode al Signore in modo dignitoso.
Alcune voci bianche (da sinistra a destra Claudio Franzini, Italo Toscani e Diego, uno degli ospiti del collegio delle suore di Cassino) durante le prove del coro
Sotto la direzione artistica di Padre Agostino alcune foto degli spettacoli organizzati nel cinema parrocchiale.
Lo Zecchino d’Oro con il complesso “ I Folletti”.
Alla chitarra solista Luigi Crovini, alla chitarra accompagnamento Italo Toscani, al basso Stefano Scozzesi, alla batteria Claudio Franzini, la voce Rino Massari.
Dopo il suo trasferimento in Svizzera, la sua canonica era diventata meta di tanti salsesi che lo stimavano ed avevano di lui un ricordo affettuoso e riconoscente. In occasione del suo ottantesimo compleanno la corale parrocchiale si è recata a Vergeletto (in quel di Locarno) per festeggiarlo e per cantare la Messa commemorativa. Padre Agostino è sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero della nostra città.
Il saluto di Padre Agostino durante l’ultima visita nella Parrocchia di S. Antonio nel 2015
Carissimi amici di Salsomaggiore,
mi avete fraternamente e generosamente invitato a far parte della vostra gioia nell’anno dei festeggiamenti per il centenario della nostra chiesa.
Ho scritto queste parole in un caos di emozioni; ogni ricordo risvegliava decine di altri eventi in una catena interminabile; non sapevo da che parte incominciare. Poi ho deciso di non tormentarmi più: dirò quel che sento lasciando alla vostra bontà il compito di completare i miei ricordi.
Oggi, sabato 25 ottobre 2014, dopo 43 anni di assenza, mi ripresento alla mia Comunità.
Mi chiamavo Padre Agostino da Salsomaggiore: questa era la scheda anagrafica usata dai Frati Cappuccini.
Sono nato a Salso 88 anni fa l’undici novembre 1926. Ho perso la Mamma proprio il giorno in cui compivo cinque anni; questa perdita in così tenera età ha improntato tutta la mia vita e sono rimasto un immaturo senza essere evangelicamente “bambino” come vuole Gesù.
Il nostro attuale quartiere, veniva chiamato allora e forse continua a chiamarsi “i Pescadur”.
Qui sono stato battezzato; quindi ho fatto la Prima Comunione e la Cresima; non c’era ancora l’edificio scolastico e sono andato a scuola al centro sino alla quarta elementare.
A nove anni ho lasciato Salso per entrare nel Seminario Serafico dei Padri Cappuccini a San Martino in Rio accompagnato da padre Ladislao e dal mio Papà.
Il Papà era grande amico e benefattore dei Cappuccini. Era arrivato a Salso per la posa in opera dei marmi nel ‘Berzieri’ l’edificio termale liberty. Si è poi fermato a Salso costruendo la casa con un piccolo laboratorio dei marmi.
Negli anni 30, dopo la morte della Mamma, ha lasciato a mio fratello la piccola azienda appena nata e ha ripreso il suo lavoro in tutta Italia e in diverse parti del mondo.
Mio fratello che era scultore ha mosso i primi passi nell’azienda ma, ancora fresco di nozze, in gita con un gruppo di amici a Polesine è morto annegando in Po. Aveva solo 28 anni.
Colgo l’occasione per un pensiero di immensa gratitudine alla memoria della sua sposa Rosa Bertani che per 4 anni mi è stata mamma dolcissima sino a quando sono entrato in Seminario.
Tanta gratitudine anche a Gisella della quale non ricordo il cognome da cui ho ricevuto tanto affetto e sostegno. Dovrei fare il nome di tante altre persone delle quali ricordo il volto e la bontà ma non ricordo più il nome.
Così a 9 anni ho lasciato i miei coetanei che, vivi o defunti, non dimentico mai, li tengo qui nel mio cuore.
Forse qualcuno è qui presente.
Il 25 marzo del 1950 sono stato ordinato sacerdote e il 16 aprile ho celebrato su questo altare la mia prima Messa. Dopo un anno di rodaggio a Parma e uno a Pontremoli, sono stato destinato a questa Parrocchia come “aiuto-parroco” e sono rimasto qui per poco più di vent’anni cioè sino al novembre del 1972….
Oggi sono qui “molto avanti negli anni come vedete” per festeggiare con voi il centenario di questa chiesa che, grazie al carissimo Don Luigi e grazie a questa bella e operosa Comunità, oggi ritrova ancor più radiosa la veste primitiva della sua nascita.
C’è una ragione per cui mi accorgo di essere molto vecchio. Non è il decadimento della salute, non è l’incrinamento della memoria; è la morte di tanti amici!
A volte, nelle notti insonni, li faccio passare tutti uno per uno ed è una lista simile ad un deserto infinito ove posso parlare solo coi morti.
Ho in progetto di tornare ancora qui per una settimana, prima di morire, con lo scopo di andare nei vari Cimiteri per una preghiera su ogni tomba.
Vorrei andare anche a Pievemodolena da Padre Alessandro, a San Martino in Rio da Padre Gianantonio, ad Arzelato da Padre Roberto e anche in capo al mondo per trovare Don Franco, il Cardinal Ersilio Tonini, Don Cesare, Padre Guido, Don Rino Davighi e tutti gli amici Frati, Preti, compagni di Seminario e compagni d’infanzia. Quanti nomi in questo momento mi sfuggono!
Avrei tantissimi avvenimenti da menzionarvi, sia della mia infanzia, sia della mia travagliata formazione in tempo di guerra, sia del ventennio trascorso assieme a Voi.
Vent’anni di avvenimenti bellissimi e di avvenimenti assai dolorosi.
Sono certo che alcuni eventi siano rimasti indelebili nella memoria degli amici più anziani mentre per me le emozioni divengono innumerevoli e caotiche. Lasciate che le sintetizzi, se mai fosse possibile, sussurrando all’orecchio di ognuno di voi le prime parole di una canzone che mi piace tanto specialmente quando è interpretata da Johnny Dorelly: “Non dimenticar che t’ho voluto tanto bene”. Mi permetto anzi un arbitrio sul testo originale che correggo così “Non dimenticate che vi ho voluto tanto, ma tanto bene”.
Salto dunque di proposito a piedi pari le innumerevoli avventure che assieme abbiamo affrontato.
Non posso però non rispondere ad una domanda che leggo nl vostro animo: “Perché hai lasciato il saio francescano, perché ci hai abbandonati e ti sei arruolato nel Clero diocesano della Svizzera?”
Vi rispondo subito che se fossi stato un Frate più virtuoso avrei avuto la forza di rimanere qui; ma dopo la morte di mio Babbo, l’ultimo superstite dei miei cari, al quale voglio ancora un bene immenso, dopo la sua morte qualcosa in me si è rotto.
Se a quei tempi voi mi aveste chiesto perché, credo, io non ve lo avrei saputo dire!
Nel dolore ci si può ribellare o si può credere.
Capita, talvolta, a me e forse anche a voi, che per volersi spiegare le ingiustizie, le disgrazie, le sopraffazioni del mondo si perda la fede. E capita anche, che proprio per questo la fede fiorisca o torni a fiorire. La fede percorre molte strade, ma arriva da un punto solo: da Dio.
C’è una notte per tutti, una notte in cui si vorrebbe dire o fare…. Ma non si può!
Quella notte è frutto di tante altre notti in cui ci siamo chiesti disperatamente chi siamo, perché ci troviamo in certe situazioni, a che cosa siamo destinati, dove andremo a finire, a chi possiamo rivolgerci quando non sappiamo più dove sbattere la testa.
Quella notte è frutto del nostro desiderio di capire, di migliorare noi e gli altri, di darsi una dignità, di riuscire a cogliere un segno straordinario in un mondo che lascia troppe inquietudini nel cuore.
Ho provato allora quanto è vero ciò che dice Sant’Agostino nelle Confessioni: “Inquieto è il nostro cuore,finchè non riposi in te”
Ho capito che quella notte è il desiderio di Qualcuno che sa tutto di noi, che sa quello che noi non sappiamo; è il desiderio della Sua forza salvifica, della Sua sicurezza, della Sua presenza invisibile.
Quella notte è la scoperta di una ragione d’amore. Quella notte è una grazia.
Ricordate San Pietro che camminando sulle acque per raggiungere Gesù, cade in una crisi di fede e quasi affoga, ma Gesù gli da la mano e lo salva? Ebbene il Signore, ha preso per mano anche me, ha impedito che affogassi nella burrasca e mi ha portato in salvo.
Ho passato 43 anni in un paesino di una valle oscura ma per me piena di luce, dove nessun Sacerdote ambiva abitare, e dove io mi sono trovato troppo, veramente troppo bene. Otto Parrocchie, due Oratori, due Case di Riposo ed altro ancora…. in uno sviluppo stradale di 75 chilometri.
Grazie, Grazie Signore con tutto il cuore!
Dicevo all’inizio “che la nostra chiesa centenaria oggi è diventata quanto mai giovane e bella”.
E’ bastato “un completo lifting” fatto con grande amore…
Concludendo, ora vedo “che il mio corpo mortale sta ‘rottamandosi’ per usare un verbo di moda”.
Per me ormai l’unico lifting possibile è la Risurrezione della carne e la Vita Eterna.
Le cose stanno proprio così cari amici!
Un po’ come San Paolo, anch’io sono un corridore: sto facendo una corsa….. anzi sto finendo una corsa….
La vettura-scopa che raccoglie i caduti e i feriti nella prova, sta giungendo velocissima: sento già la sua sirena. I pedali della mia bici, mi dicono beffardi: “Le 18 pastiglie quotidiane non ti bastano più. La corsa per te è finita!”
Scorgo il traguardo che è un grande festone con su scritto:
“Il Signore è il mio Pastore: non manco di nulla.”
Vuoi vedere che il Signore mi darà un premio di consolazione nonostante sia soltanto un porta-borracce?
Lo spero….
Lascio in ultimo i sentimenti più importanti che voglio esprimervi questa sera: fraterna gratitudine e fraterna riconoscenza!
Con un fervido augurio:
Che la Fede non manchi! Che il cuore non si stanchi!
Grazie Padre Agostino, resterai per sempre nei nostri cuori
I tuoi ragazzi di allora