Dal libro “Il primo cinquantennio” di Padre Roberto Lecchini

La seconda guerra mondiale ebbe la sua affermazione profetica nelle apparizioni della Madonna di Fatima. È un fatto innegabile perché documentabile e documentato.
Come l’inizio della prima guerra – 1914-1918 – arrestò il cuore di Papa Pio X, così l’imminente seconda guerra mondiale lacerava il cuore di Papa Pio XII, che nel suo grido straziante ammoniva: «Con la pace tutto si può salvare e con la guerra tutto si può perdere».
Il perché Mussolini era propenso più alla guerra che alla pace?
La risposta esige un ritorno al Trattato di Versailles dove e quando l’Inghilterra e la Francia, che con l’Italia formavano la ben nota «Triplice Alleanza», pur dovendo riconoscere e ammettere che l’Italia, col sacrificio di mezzo milione di soldati, doveva a buon diritto entrare nello spartimento dei benefici della vittoria, pertinacemente rifiutarono abusando della incapacità senile del nostro Ministro Orlando, che rappresentava l’Italia a Versailles.
Mussolini, arrivato al potere con la «marcia su Roma», chiese insistentemente il risarcimento dei diritti italiani senza nulla ottenere. Fu allora che si parlò di un certo «Patto d’acciaio» che stringeva in alleanza Roma, Berlino e Tokio.
Un patto che nei piani di Hitler doveva preludere al predominio della razza tedesca lanciata sulle vie percorse e additate dallo stesso Hitler, che presentava in se stesso una belva satanica che non trovo l’eguale nella storia del mondo.
Pur tergiversando, Mussolini arrivò alla dichiarazione di guerra all’Inghilterra e Francia.
L’Italia tutta era costernata, ma subì nel silenzio il suo turbamento.
Il Duce ripeteva di tanto in tanto: «Quando il destino ti prende per la gola, tu non puoi fare altro che seguirlo».
Quella vittoria che Mussolini giudicò imminente non era altro che il principio della disfatta.
L’avvenire si presentava sempre più fosco mentre la guerra si estendeva di giorno in giorno sull’orbe terracqueo. Fu in tale prospettiva che il Papa, i Vescovi e i Sacerdoti insistentemente richiamavano il popolo di Dio alla conversione nella preghiera e nella penitenza, nella fraternità mondiale.
Perché il richiamo della Chiesa non restasse ignorato o, peggio ancora, rifiutato, il Parroco di S. Antonio, predicando il mese di maggio, una sera parlò così al popolo: «Vi attendo per domani sera ad ascoltare una mia decisione che vi farà piacere. A domani sera; vi attende il gran segreto». Un tale discorso così enigmatico aveva per scopo immediato quello di stuzzicare la curiosità della gente allo scopo di indurla a venire più numerosa del solito ad udire il gran segreto.
La sera seguente il Parroco rivolse al pubblico, che, secondo le aspettative, era numeroso, il discorso che segue.
«La guerra si presenta sempre più disastrosa in cielo, in terra e in mare. Non sappiamo quando e come finirà. Dagli uomini nulla di buono possiamo attenderci. E allora? Allora, come già in tante altre circostanze tristi della storia i nostri padri, ricorreremo alla Madre della Chiesa, Regina dei martiri, Aiuto dei cristiani e Consolatrice degli afflitti. È dalla Madonna che possiamo attendere Salvezza. Io personalmente ho deciso di consacrare la mia e la vostra Parrocchia alla Santissima Vergine Immacolata. Il che avverrà l’ultima sera di maggio quando, per le mani consacrate del nostro Vescovo, porremo sul capo della Madonna una corona d’argento e d’oro dichiarando e accettando Maria, non solo come nostra madre, ma anche nostra Regina. Seguirà una, più che trionfale, devota processione alla quale parteciperanno tutti coloro che vogliono ancora avere motivi di speranza. Detto e fatto. Domani mi recherò a Piacenza per ordinare la corona d’argento e oro. Ciascuno di voi veda il da farsi per preparare il proprio obolo a saldo delle spese.
Tutto è deciso e non si torna indietro».
Mentre vi parlavo notavo un lampeggiare di gioia nei vostri occhi e un sorriso di approvazione sulle vostre labbra. Appena terminata la funzione del mese mariano vennero da me i primi generosi ad offrire danaro e oggetti d’oro per fondere la corona della Vergine. Fu una gara di generosità la vostra, cosicché in pochi giorni era raggiunta e sorpassata la cifra necessaria ad affrontare la spesa della corona preziosa costruita in argento dorato, argento massiccio, oro massiccio e pietre preziose. La cifra, ho detto, era sorpassata tanto da permettermi di comodamente affrontare le spese della grandiosa funzione dell’incoronazione.
Voi avete vissuto l’imponente manifestazione del trenta maggio e ancora avete negli occhi lo splendore dei riti di quel giorno, per cui non sarebbe necessario che io mi dilungassi in descrizioni, ma per gli assenti (alludo specialmente a voi, o cari soldati della Parrocchia) e per la storia è bene che io vi trascriva quanto il corrispondente de L’Avvenire d’Italia scriveva sullo stesso giornale:
«A conclusione del frequentatissimo mese mariano e a conferma della devozione che lega il cuore dei fedeli alla Madonna, la popolazione di Sant’Antonio ha risposto con slancio all’invito del Parroco il quale ha voluto incoronare la Madonna di un fulgente diadema. Scopo della funzione era soprattutto per chiedere la materna protezione sopra la Patria e sui nostri gloriosi soldati.
In mattinata il popolo convenne al Banchetto Eucaristico per una Comunione che fu veramente generale. Alle ore 10,30 nel tempo parato con vero gusto d’arte il Reverendissimo Padre Bonaventura, Superiore dei Cappuccini emiliani, ha celebrato il Divin sacrificio e la Schola Cantorum della Parrocchia s’è fatto onore eseguendo finemente la Messa a 2 voci del Campodonico accompagnata da una sceltissima orchestra.
Nel tardo pomeriggio la chiesa si gremiva nuovamente di folla ansiosa di vivere la solenne cerimonia dell’incoronazione. Mentre era vivissima l’attesa dell’Ecc.mo Mons. Vianello, ora Arcivescovo di Perugia, prendono posto nel tempio le autorità civili, politiche, militari e le associazioni con i vessilli. Tra i presenti abbiamo notato il Generale comm. Francesco Calda, il Generale Pivano comandante dell’Istituto superiore di guerra, il Segretario Capo del comune rag. Raspanti, il Sig. Varesi in rappresentanza del Commissario Prefettizio, il rag., Ferrari per le RR. Terme; il comm. Giberti, il dott. Carcupino e signora, la Sig. Bavagnoli per il Fascio Femminile.
Sul piazzale della chiesa letteralmente gremito di folla tra la quale sorridevano i bimbi dell’AsiIo e de rappresentanze dei vari Istituti, echeggiavano le note della banda dell’O. N. B. che salutavano l’arrivo dell’amato Pastore. A ricevere l’Ecc.mo Arcivescovo, che, dopo aver benedetto la numerosa folla, indossava i sacri paludamenti e procedeva al commovente Rito dell’Incoronazione tra la devota attenzione dei presenti. Deposto l’artistico diadema sul capo della celeste Regina, tra il canto e le preci dei fedeli, dal piazzale partiva l’imponente processione.
Portavano il bel simulacro della Vergine i soldati della Parrocchia, che si trovavano in licenza. In lunga devota teoria sfilava il corteo per le vie della Parrocchia suscitando ondate vive di devozione.
Ritornata la processione nella Chiesa sfolgorante di luci, l’Ecc.mo Pastore elevava un nobile e sublime discorso mettendo in risalto la potenza dell’intercessione della Vergine nelle ore più gravi della storia. Dopo avere invocato i celesti favori sui combattenti, sulle loro famiglie e sulla Patria, il Presule rivolgeva fervide esortazioni perché i fedeli abbiano a vivere sempre più decisamente la vita cristiana che è garanzia sicura per la ricostruzione di quell’ordine nuovo a cui aspirano i singoli e le nazioni. La trina benedizione suggellava la magnifica manifestazione di pietà mariana il cui ricordo rimarrà indelebile nel cuore dei presenti».

Un bambino per ogni soldato, un soldato per ogni bambino
Durante le guerre il pensiero delle famiglie non può non andare al figlio, al fratello, al padre, al marito, che restano là dove si combatte e si muore. Così il pensiero del Parroco e dei comparrochiani non può dimenticare i soldati della parrocchia.
Uno dei tanti modi di rendere attivo e benefico il ricordo è la preghiera, ma non è detto che una vicendevole fraterna amicizia non possa trovare altre manifestazioni. Ecco l’escogitazione trovata dal Parroco di S. Antonio.
Ogni famiglia che abbia uno o più sotto le armi, ne trasmetta, venendo o telefonando in parrocchia, il nome e l’indirizzo. Al numero dell’elenco dei soldati elencati corrisponda il numero di altrettanti bimbi o bimbe dai 7 ai 12 anni.
Ogni bimbo ad occhi bendati estrarrà il nome del suo soldato per il quale dovrà pregare ogni giorno e col quale dovrà restare in amichevole corrispondenza postale.
L’iniziativa trovò tanto buona accoglienza tra le famiglie e tra i soldati, che espressero la loro gratitudine al Parroco.

Anche il Parroco Cappellano militare

Il nome del Parroco di S. Antonio era registrato nell’elenco dei Cappellani militari in congedo limitato; perciò da un giorno all’altro P. Roberto Lecchini poteva venire reclutato con destinazione più o meno lontano in o fuori d’Italia. Il che comportava dei problemi non facilmente risolvibili per la parrocchia. Ciò considerato, lo stesso Parroco si recava a Roma per far presente all’Ordinariato militare che a Salsomaggiore era imminente l’apertura di un grande ospedale militare sistemato nei locali delle Terme delle Assicurazioni Sociali situate nella Parrocchia di S. Antonio. Lo stesso Parroco, già cappellano militare nell’Africa Orientale, se nulla ostasse accetterebbe volentieri la destinazione a cappellano a tale ospedale. La risposta fu affermativa. P. Roberto prestò servizio in detto ospedale nei due primi anni di guerra finché fu sostituito da uno dei tanti cappellani rimpatriati dalla Russia.
Durante il servizio militare P. Roberto restò, per quanto consentito dal suo impegnatissimo compito, Parroco della Parrocchia per ogni effetto. Suo vice Parroco restò il confratello P. Alessio Guidi.

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