Montelungo, 1948, il primo campeggio
Dal libro “Un popolo in festa e in cammino” di Don Luigi Guglielmoni, Clementina Corbellini e Giulia Urgeletti Tinarelli
I primi soggiorni estivi, comunemente detti “campeggi“, organizzati dai Frati per i ragazzi della Parrocchia erano all’insegna dell’avventura. Data la durezza della vita, i partecipanti erano adolescenti e solo maschi. Nell’esperienza vissuta nel 1947 a Montelungo, presso il Passo della Cisa, si dormiva sulle brande nelle tende donate da Angelo Lombardi, l'”Amico degli animali“, che gestiva il giardino zoologico della nostra città. Anch’egli era un parrocchiano di Sant’Antonio.
I camion delle Terme portavano le vettovaglie, che spesso dalla strada sterrata dovevano essere portate a destinazione a spalla. Solo le cuoche, donne volontarie della Comunità, dormivano in una casa in muratura. Tra queste annoveriamo Dina Baruffini, Pina Pollani, Poldina Botti, Adele Corbetta. Si mangiava nelle gavette, che venivano lavate nelle fontane o nei rigagnoli naturali. Si andava alla ricerca dei prodotti alimentari meno costosi. Col cattivo tempo ci si scaldava con le braci, poste in una cavità scavata nel terreno al centro della tenda e ottenute bruciando le fascine rubate nei boschi circostanti. La toilette era una “zona minata“, all’aperto, invalicabile.
Una volta il Vescovo di Pontremoli fece visita ai giovani “villeggianti” di Sant’Antonio, ai quali aveva dato in uso una casa, per ripararli dall’acqua che cadeva abbondante da giorni.
Avvicinatosi, il prelato fu sorpreso nel vedere il dottor Guglielmo Romanini, animatore responsabile del gruppo, legato ad una pianta e attorniato dagli adolescenti in cerchio, che scimiottavano la danza degli indiani. Non fu facile spiegare al Vescovo che tale attività rientrava in un progetto educativo…
A San Martino di Castrozza si dormiva sul fieno, con i guanti, il passamontagna e le calze per far fronte alla bassa temperatura notturna, che si faceva sentire anche per le ampie fessure tra la parete e il tetto della casa dove i giovani erano alloggiati.
A Gressoney ci si lavava verso mezzogiorno, quando calava un po’ il freddo. Al mattino si partecipava alla Santa Messa, all’aperto: per reagire alla temperatura molto fredda i giovani imbacuccati seguivano gradualmente l’unico raggio di sole, che tentava di mitigare l’ambiente. Così il gruppo iniziava la celebrazione in una posizione e la terminava in un’altra! Il problema aumentava se il tempo era nuvoloso…
Ai più grandi, con l’aiuto di una guida, venivano proposte escursioni in alta montagna: vette e giornate indimenticabili. Alla carenza organizzativa suppliva un grande spirito di adattamento, di condivisione e di allegria. Con poco ci si divertiva e si ponevano le radici di legami intensi di vita, che continuavano poi a casa. Tante giovani esistenze sono state aiutate da questa esperienza aggregativa e formativa, sempre caratterizzata dall’ispirazione cristiana.