Dal libro “Un popolo in festa e in cammino” di Don Luigi Guglielmoni, Clementina Corbellini e Giulia Urgeletti Tinarelli

Alla Parrocchia di Sant’Antonio competeva anche la cura pastorale e giuridica dell’antica chiesina di Campore, dedicata a San Michele Arcangelo. Veniva celebrata la Santa Messa la domenica mattina alle ore 10. Era poi consuetudine che una signora di Campore invitasse il Frate celebrante a casa propria a bere un brodino. D’inverno poteva far piacere scaldarsi con una buona scodella di brodo bollente prima di far ritorno a Sant’Antonio. Ma d’estate ai Frati, già accaldati, doveva sembrare una penitenza il trangugiare quel liquido bollente, sebbene preparato con cura e dato con sincerità di cuore.
La cura della chiesina era affidata ai coniugi Pia e Domenico (chiamato Michele) Biolzi, impareggiabili custodi del luogo sacro. Michele era solito partecipare alla Santa Messa stando dietro l’altare e da quella posizione controllava che tutto procedesse bene, garantendo al Frate che presiedeva la liturgia risposte pronte e puntuali, in un perfetto latino. Nella festa patronale e in altre occasioni, quando non bastavano le tuniche da chierichetto, la Pia si recava in bicicletta in Parrocchia a prendere altre tuniche per evitare che qualche bambino ne restasse privo e fosse escluso dal servizio all’altare.
Anche le sorelle Baruffini si impegnavano per la chiesetta e per la catechesi.
Negli anni 20-30 la ferrovia Borgo San Donnino-Salsomaggiore prevedeva non più di tre o quattro vagoni, uno merci e gli altri passeggeri, con la suddivisione in prima, seconda e terza classe. Era prevista una fermata a Campore, dove il trenino non esitava ad aspettare quando il macchinista veniva avvisato che la signora Vittoria Zanetti, moglie dell’ingegner Luigi Laviosa, direttore della ferrovia, non era ancora pronta a salire per recarsi a Fidenza o a Salsomaggiore. Il privilegio della “consorte“…

Anche Campore ha dato il proprio contributo all’emigrazione: si pensi alle famiglie Dodi e Ghezzi che in Venezuela si sono distinte per intraprendenza e laboriosità. Poi, tornate, si sono prodigate per il quartiere.
Si deve all’indefesso interessamento di Gianni Ghezzi l’avvio della festa popolare di Campore, il cui ricavato è servito ai lavori di ristrutturazione della chiesetta e dei locali attigui, nonché all’acquisto dell’attrezzatura per “prendere per la gola” i numerosi concittadini, felici di trascorrere una serata all’aperto nell’accogliente area circostante l’Oratorio.
Ormai è lungo l’elenco delle persone che, dopo aver operato con gratuità e generosità per consentire la ristrutturazione della chiesetta del quartiere, sono tornati alla casa del Padre insieme a Padre Evaristo Lanzi. Si tratta di Ennio Adorni, Pierino Copelli, Ennio Dodi, Gianni Dodi, Franco Gaibazzi, Renato Ongari, Gino Pagliari, Leonardo Patroni, Giovanni Rodini, Augusta Tallon, Enrico Varani, Sergio Zuccheri. A loro suffragio, ogni anno, viene celebrata una Santa Messa nella chiesa di San Michele. Medardo Guareschi, i fratelli Renato e Gabriele , Luigi Acunzo e una lunga schiera di donne, sono alcuni dei “benefattori” viventi del quartiere, che celebra la festa patronale con l’Eucaristia seguita dalla processione, la sera del 29 settembre.
Negli ultimi anni si è cercato di inserire pienamente il quartiere di Campore nell’attività parrocchiale, nel rispetto della sua specificità ma anche nella prospettiva della comunione pastorale. Per questo motivo e per ragioni tecniche, da alcuni anni la festa popolare di Sant’Antonio si tiene a Campore, con un crescente concorso di popolo.
Del resto, quando il 13 maggio 1950 fu accolta in città la Madonna Pellegrina, si fermò nella chiesa di Campore: quindi in processione raggiunse la chiesa di Sant’Antonio, in mezzo ad una folla di fedeli. L’autocarro debitamente addobbato, sul quale era posta la statua della Madonna Pellegrina fu messo a disposizione dalle Terme. Il missionario che accompagnava l’icona di Maria, quella sera, era afono. Fu chiesto pertanto a Maria Menoni (detta amichevolmente “Ninì“) di recitare il Santo Rosario lungo il tragitto. E lei fu onorata di guidare la preghiera in quella circostanza straordinaria, essendo abituata a organizzare pellegrinaggi mariani e a operare al servizio della Comunità di Sant’Antonio.
Fra i camporesi illustri va menzionato Monsignor Primo Rizzardi (1913-1978), già parroco della Comunità di Santa Maria in Fidenza, rettore de] Seminario e Vicario Generale della Diocesi di Fidenza. Fedele servitore della Chiesa, polemista intelligente, austero con se stesso e generoso con i poveri, Monsignor Rizzardi si è prodigato tra l’altro per far rilasciare i fratelli Tagliavini, camporesi, arrestati dal comando tedesco. Il primo contatto del giovane sacerdote inerme con il comandante tedesco non ebbe esito positivo, anzi l’ufficiale fu piuttosto duro e sprezzante verso Don Rizzardi, che però ebbe il coraggio di fare appello al giudizio ultimo di Dio: “Dio la punirà se fa del male a queste persone“, gli disse, incurante del rischio personale che stava correndo. Il giorno seguente, impaurito da quel richiamo alla “fra Cristoforo” di manzoniana memoria, l’ufficiale tedesco fece chiamare Don Primo e lo rassicurò della liberazione degli ostaggi. La “debolezza” della fede aveva vinto l’arroganza del potere.
Attualmente – siamo nel 2005 – e ormai da parecchi anni, la cura della chiesa di Campore è affidata alla signora Renata Ariani in Lumaca che, con l’aiuto di Teresa Frigeri e di Carla Vignola, esegue questo compito con grande generosità e si presta per ogni necessità della Parrocchia essendo anche ministro straordinario dell’Eucaristia.
Nei locali attigui alla chiesa di Campore ha sede la “Comunità I Tralci “, un’ associazione di volontari attenti alle persone disabili. La condivisione è la medicina migliore per tutti.

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