Dal libro “Il primo cinquantennio” di Padre Roberto Lecchini

Anche se abbiamo dovuto accusare un ritardo di una settimana sul nostro bollettino di marcia, siamo egualmente arrivati, con l’aiuto di Dio, a inaugurare il nostro teatro il giorno due di febbraio 1958.
Di fronte alla realtà di questo avvenimento è di poca importanza ciò che è servito di semplice contorno all’avvenimento stesso; ne parliamo tuttavia per debito di cronaca.
Alle ore dieci e un giungeva S. E. Rev.ma Mons. Rota, nostro veneratissimo Vescovo, ossequiato dalle Autorità, tra cui presenti il M. R. P. v:tnilio da Arzelato, Provinciale dei Cappuccini, e il M. R. P, Provinciale dei Frati Minori Conventuali, e dal numeroso popolo in attesa.
Dopo il tradizionale taglio del nastro tricolore, il Vescovo, seguito dal pubblico, entrava nell’atrio d’ingresso e quindi, salendo la gradinata di marmo, si inoltrava nel centro del nuovo teatro impartendo subito la rituale benedizione ai locali. Mons. Vescovo pronunciava quindi parole di compiacimento per la grande opera realizzata e formulava auguri che nel nuovo decorosissimo ambiente la popolazione di oggi e le generazioni di domani possano trovare, con l’onesto divertimento, una valida spinta a salire verso le conquiste dello spirito.

Durante il resto della giornata il pubblico si succedeva ininterrottamente nella visita dell’ammiratissimo teatro esprimendo la propria gioia e soddisfazione di potere vantare, per l’avvenire, una delle più belle sale della città nel loro rione.
Alle ore 20,30 un pubblico numerosissimo come non mai si riversava nel nuovo locale per assistere alla prima rappresentazione preparata e diretta stupendamente da P. Agostino. L’operetta «Marco il pescatore», preceduta e accompagnata, negli intervalli, da canti, bozzetti, battute umoristiche e discorsi di circostanza ecc., veniva altamente apprezzata per l’esecuzione accuratissima della recitazione, del canto, dell’accompagnamento orchestrale, della messa in scena.
Nel complesso il pubblico ha avuto la sensazione di trovarsi in un ambiente che nulla ha da invidiare ai moderni locali delle città più progredite.

Senza soffermarci in descrizioni, che reputiamo inutili per la quasi totalità dei parrocchiani di S. Antonio, che ogni giorno ha sott’occhio la nuova costruzione, ci limitiamo a darne le misure che sono di metri 35 in lunghezza, dei quali 30 occupati dal salone e 5 dall’atrio d’ingresso, e 12,30 in larghezza. La platea inclinata rende perfetta la visibilità e gli accorgimenti acustici rendono ottima l’audizione. Per dar un’idea della mole, e quindi del costo, dei lavori di semplice rifinitura, diciamo che il solo impianto elettrico, disposto con criteri modernissimi dal giovane Alviani Luciano, ha richiesto n. 4 quadri di comando dislocati all’ingresso, in cabina e sul palcoscenico, 240 lampade a colori, 44 metri di tubi slim-line oltre alle insegne e indicazioni luminose.
Per il solo tendaggio abbiamo raggiunto una quadratura di metri 40 di velo e metri 60 di cristalli, il tutto montato su intelaiature metalliche con rispettivi congegni per il manovramento.
Il tinteggio attende di essere completato nelle pareti perimetrali, mentre il soffitto è definitivo nel suo colore blu costellato di quasi un centinaio di semisfere bianche, che, pur avendo uno scopo acustico,

danno al locale anche una nota ornamentale molto originale e di effetto piacevolissimo.
Ad altri più competenti lasciamo il giudizio sul valore artistico della nuova opera; a noi basti saperla nata dalla mente di un artista di indiscusso valore rivelatosi tale in più circostanze (ad esempio, nel concorso internazionale pro erigendo tempio alla Madonna delle lagrime a Siracusa l’Architetto Vittorio Gandolfi è arrivato terzo su trecento concorrenti e primo dei concorrenti italiani) e, del resto, molto noto non solo a Salsomaggiore e a Milano, ma in Italia e all’estero. E vogliamo terminare col dire all’Architetto Vittorio Gandolfi, che con inesauribile generosità ci ha messo a disposizione i tesori della sua arte, un grazie senza fine.

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