Dal libro “Un popolo in festa e in cammino” di Don Luigi Guglielmoni, Clementina Corbellini, Giulia Urgeletti Tinarelli

Un tempo la Parrocchia aveva un numero di famiglie inferiore all’attuale, ma le famiglie avevano molti più figli rispetto ad oggi. Inoltre le famiglie erano più residenziali e la chiesa costituiva il polo aggregativo dei ragazzi: questo facilitava la reciproca conoscenza e la fraterna collaborazione.
La zona non era dotata di grandi alberghi, che erano invece concentrati al centro. Il quartiere di Sant’Antonio era povero dal punto di vista economico, ma “sano” dal punto di vista morale. Padre Roberto era solito ripetere che “la chiesa è stata fatta con il consiglio dei ricchi e con i soldi dei poveri! “.
Alcuni cognomi richiamavano volti noti ed esperienze condivise, amicizie sincere e buon vicinato. Citiamo alcune famiglie come esemplificazione di questa rete di rapporti intensi ed efficaci per la vita parrocchiale e civica dal dopoguerra ad oggi.
Le famiglie Amati, Bacchini, Bandini, Battilocchi, Bernini, Bertani, Biolzi, Bonati, Botti, Canali, Cenci, Censi, Ceriati, Cerutti, Cesarini Sforza, Chittolini, Conti, Copelli, Croci, Crovini, Daccò, Davighi (è noto Monsignor Ottorino, già parroco della Cattedrale a Fidenza e fondatore della Corale “San Donnino Città di Fidenza“), Dassenno, Dodi, Donati (Angelo fu un imprenditore edile che preferì lavorare in perdita piuttosto che licenziare i dipendenti), Faroldi, Ferrari (con la fornace Pompeo e Carlo e, in seguito, l’ingegner Pino hanno dato lavoro a tante famiglie e hanno aiutato in vari modi la Parrocchia). E ancora le famiglie Foscili, Francani, Frigeri, Gennari, Gianelli, Gragnani, Granelli, Lomi, Lumaca, Lusignani, Maini, Martini, Massari, Menoni, Ongari, Orighi (Erodiade Orighi è stata in contatto con Padre Agostino Gemelli e con Armida Barelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed è stata per molti anni coordinatrice del Terzo Ordine Francescano parrocchiale), Orippi, Padovan, Palladini, Panigari, Pini, Ravanetti, Rizzi, Romanini, Salvi (da cui proviene Padre Agostino), Scozzesi, Serventi, Sozzi, Toscani, Tosini, Viaroli, Zardi, Zucchi.
Tra le varie famiglie non originarie di Salsomaggiore ma che si sono stabilite nel quartiere di Sant’Antonio, integrandosi pienamente con la popolazione locale e dando esempio di laboriosità e onestà, ricordiamo Borsotti, Corbellini, Franzini, Lanzi, Cipolla (Felice è morto nel 1965 a soli 18 anni nell’incidente nel quale ha perso la vita anche il parroco Padre Alessandro. I giovani avevano accompagnato Padre Raffaele a Cattolica e stavano tornando a Salsomaggiore). Salsese a pieno titolo per l’impegno lavorativo e il senso di appartenenza è anche la fami-glia Mancuso, proveniente dalla Calabria, giunta a Salsomaggiore nel 1957.
Senza tanti studi di pedagogia, le famiglie allora praticavano la “corresponsabilità educativa” nel senso che ogni papà e mamma si sentiva responsabile della crescita anche dei figli dei vicini di casa. Se c’era da richiamare qualche ragazzo che stava comportandosi male, ogni adulto si sentiva in dovere di farlo, con tranquillità, sapendo di avere il consenso tacito dei genitori dell’interessato.
Questa solidarietà si esprimeva in forme semplici ma reali e quotidiane: per esempio, l’andare a chiedere in prestito qualcosa che servisse a tavola o alla conduzione della casa, l’interessarsi dei malati, il confidarsi con il vicino, considerato spesso alla stregua (o più) di un famigliare, il condividere qualcosa di buono preparato o ricevuto in dono…
Ora la situazione della Parrocchia sta cambiando: è aumentata notevolmente la popolazione, tante famiglie provengono dal Sud, sono in crescita le presenze di stranieri, molti giovani sono costretti a lavorare fuori città… Non è facile conoscersi e frequentarsi: tutto questo non aiuta il senso di appartenenza ecclesiale e sociale.
Ora è la Parrocchia che cerca di andare nei quartieri per conoscere i residenti, per metterli in con-tatto tra loro e coinvolgerli nella vita ecclesiale. Per conoscere meglio il passato della Parrocchia, vengono ora evidenziate la vita e le relazioni familiari dei primi anni del ‘900, raccontate attraverso le storie di tre famiglie che abitavano nella medesima via: la “mitica” via Trento.

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